Carico emotivo da prestazione

Il peso delle aspettative: quando la prestazione diventa una fonte di pressione

Per molti adolescenti, il desiderio di fare bene può trasformarsi in un carico emotivo significativo, generando una pressione che va oltre la sana ambizione. Parliamo di carico emotivo da prestazione quando il ragazzo vive un’eccessiva preoccupazione per il giudizio altrui, una paura intensa di sbagliare o di non essere all’altezza, sia a scuola, nello sport, nelle relazioni sociali o in qualsiasi attività in cui si senta valutato.

Questa tensione può portare a un’eccessiva auto-critica, alla difficoltà a godere dei propri successi e alla tendenza a voler raggiungere una perfezione irrealistica. L’ansia legata alla prestazione può manifestarsi con sintomi fisici come mal di pancia o di testa, o con comportamenti di evitamento. Comprendere che questa pressione non è un segno di debolezza, ma un indicatore di un bisogno di supporto per gestire le aspettative e le proprie reazioni, è il primo passo per aiutare l’adolescente a ritrovare un rapporto più sereno e costruttivo con le proprie capacità e con le sfide della vita.

Le manifestazioni e le conseguenze: l’impatto sul benessere e sulla motivazione

Il carico emotivo da prestazione può manifestarsi in diversi modi, influenzando profondamente il benessere dell’adolescente. A livello comportamentale, si può notare una tendenza a procrastinare per paura di iniziare un compito, un’eccessiva indecisione, o un isolamento sociale per evitare situazioni percepite come “valutative”. Emotivamente, il ragazzo può vivere stati di frustrazione intensa di fronte all’errore, una marcata insoddisfazione anche dopo un successo, o un senso di esaurimento costante dovuto all’impegno eccessivo. Questo impatta sulla motivazione: il piacere di apprendere o di partecipare a un’attività può svanire, sostituito dal solo obiettivo di raggiungere un risultato, anche a costo del proprio benessere. A lungo termine, una pressione costante può minare l’autostima, rendendo difficile per l’adolescente riconoscere il proprio valore intrinseco, al di là dei risultati ottenuti, e limitando la sua capacità di affrontare le sfide con resilienza e spirito positivo.

Le origini della pressione: tra aspettative interne ed esterne e la ricerca di approvazione

Le radici del carico emotivo da prestazione sono spesso intrecciate con una combinazione di fattori interni ed esterni. Internamente, l’adolescente potrebbe avere sviluppato un forte senso critico verso se stesso, impostando standard molto elevati e irrealistici. Questa auto-critica può derivare da un temperamento perfezionista o dalla tendenza a confrontarsi costantemente con gli altri. Esternamente, le aspettative dei genitori, degli insegnanti o della società in generale, unite alla pressione del gruppo dei pari, possono contribuire a generare un senso di dover essere sempre “il migliore” o di dover eccellere in ogni campo. Anche l’uso dei social media, con la costante esposizione a vite apparentemente perfette, può alimentare la ricerca di approvazione e la paura di non essere all’altezza. Comprendere queste origini è cruciale per aiutare l’adolescente a riequilibrare le proprie aspettative, a riconoscere il valore dello sforzo e del processo, al di là del solo risultato finale, e a liberarsi dalla spirale della ricerca compulsiva di approvazione esterna.

Il supporto della pedagogia clinica: gestire la pressione e riscoprire il valore personale

La pedagogia clinica offre un percorso mirato per supportare gli adolescenti che sperimentano un eccessivo carico emotivo da prestazione. Attraverso un dialogo empatico e strumenti specifici, il pedagogista clinico aiuta il ragazzo a riconoscere e a gestire le proprie aspettative e la paura del giudizio. Si lavora per sviluppare l’auto-compassione, a valorizzare il processo di crescita e a celebrare i propri sforzi, non solo i risultati. L’obiettivo è rafforzare l’autostima e la fiducia nelle proprie capacità, permettendo all’adolescente di affrontare le sfide con maggiore serenità e di riscoprire il piacere di mettersi in gioco, al di là della ricerca della perfezione.


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Giulia Fantoni - Pedagogista Clinico ad Arezzo